sabato 24 luglio 2010

GARIBALDI

Garibaldi cittadino europeo (e anche un po' veneto)

Giuseppe Garibaldi (anche) veneto; veneto per la cittadinanza conferitagli dal Comune di Lendinara (Rovigo) nel 1867, per le tante visite nel Veneto e per la forte amicizia che lo legava ad Alberto Mario, giornalista e patriota, e alla sua moglie Jessie White, prima e grande biografa dell'eroe-mito. Unico al mondo, il mito di Garibaldi è creato dalla gente, che in lui ha visto l'eroe senz'altri interessi tranne quello degli altri: lottò per la libertà di espressione, religiosa, commerciale, politica,culturale; lui, repubblicano, che diceva: "se agli Inglesi va bene la Regina Vittoria, regina sia".
Quanti i miti imposti, come sempre, nell'interesse del vincitore o di chi vorrebbe essere il vincitore. Miti costruiti con i media, con l'immagine, con i monumenti o con la bugia. Garibaldi invece fu mito da vivo e da morto, sempre acclamato dal basso, dalla gente: e così la qualità delle memorie (quadri, busti e tanto altro) spesso ci appare popolare, anche di bassa qualità: ma ci sono tracce di lui diffuse nelle case, custodite come reliquie, solo raramente monumentali. Cento i monumenti per le cento città d'Italia; migliaia le targhe che ricordano semplici passaggi, soggiorni, pronunciamenti dell'eroe, non solo in Italia o in America, dove combatté, ma anche in Francia e in Algeria. Ma fu in Inghilterra dove raccolse forse il maggior consenso; lì anche l'establishment gli rese omaggio con
incredibile entusiasmo; tante le ladies che lo abbracciarono e lo inseguirono per dichiarargli vero amore. Gli eventi aperti con la mostra di Brescia mostrano molto, e molto altro potremo vedere in questo anno 'garibaldino', per ritrovare le tracce dell'eroe e riscoprire la sua modernità. E' a questo proposito che forse si può suggerire un contributo su un aspetto sinora non emerso (o non emerso fin da subito): il suo europeismo. Perché di europeismo parlò e scrisse: basti il suo memorandum, inviato alle potenze d'Europa il 15 ottobre 1860, per la pace tra i popoli: ".auspicando e ponendo l'ipotesi di un solo grande stato europeo ... , dove chi mai penserebbe a disturbarlo in casa sua" e "dove le spese militari potrebbero essere dirottate verso i bisogni dei paesi, per uno sviluppo colossale dell'industria, delle strade, dei ponti, dei canali, delle scuole e di tutte le iniziative pubbliche per l'arricchimento dei popoli contro l'egoismo e la cattiva amministrazione ...". Antimilitarista, altro che guerrigliero: "è tempo che le nazioni si intendano senza bisogno di
sterminarsi". E a Ginevra dove l'8 settembre del 1867 presenta il suo decalogo, per quel che avrebbe voluto che fossero (e oggi sono) le Nazioni Unite, ribadendo che ".. la sola guerra permessa è quella contro il tiranno". Ancora anticipatore quando, nel 1872, invita Bismarck a dar vita a: "un organismo capace di arbitrare sui dissidi mondiali": ben prima dell'ONU (ora attiva, ma quanto efficace?); e poi sostiene, nel 1873, l'Inghilterra per l'istituzione di un'Alta Corte
Internazionale di Giustizia. Oppure, a Parigi, rifiuta l'invito a guidare, nel 1871, la lotta della Comune repubblicana, dichiarandosi pronto per una guerra d'indipendenza, ma mai per una guerra civile. Come non ricordare, ancora, la sua lotta per il suffragio universale: lotta sostenuta sempre e più che mai negli ultimi anni di vita (1879-1880): si veda la sua lettera del 6 febbraio 1880 (poi ribadita a Genova l'8 ottobre 1880), con la quale invita il popolo a conquistare quel "suffragio universale che deve essere un diritto costitutivo della vita italiana". In Italia il suffragio un
iversale maschile arriverà nel 1916, e solo nel 1946 quello anche femminile. Giuseppe Garibaldi, che si autodefiniva "un composto di bene e di male", personificò le aspirazioni delle nuove generazioni di ieri: e potrebbe farlo anche per quelle di oggi. Morì il 2 giugno 1882, era nato il 4
luglio 1807. Alla sua morte, Victor Hugo disse: "Non è in lutto l'Italia, non è in lutto la Francia, ma l'umanità". Il Times scrisse: "fate scrivere la biografia di Garibaldi al suo peggior nemico, e vi apparirà pur sempre come il più sincero, il più disinteressato e il meno ambizioso degli uomini"; e ancora: "è come una realtà di leggenda"; oppure, Giovanni Bovio: "non si può dividerlo dal mito". La Deutsche Zeitung scrisse : "un nuovo Omero dovrebbe sorgere per cantare degnamente l'Odissea di questa vita, e la nuova Odissea non suonerebbe meno meravigliosa e favolosa della prima".Parafrasando i filosofi, si potrebbe dire di lui che non sapeva quel che era impossibile e per questo lo fece.


Giuseppe dalla Massara (così scrivo il mio nome , grazie )

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