sabato 24 luglio 2010

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ARTICOLI


GIORGIONE E I SUOI PAESAGGI


del 29 ott. 2010 ( l'autore vi mostra come i grandi pittori già ai primi
del '500 ‘fotografavano' il paesaggio, già due secoli prima del Canaletto )


IL PATRIMONIO A RISCHIO


editoriale del Corriere d/S/Veneto del 12.03.2005


(Un'analisi sul futuro possibile di un patrimonio raccolto nel centodiecimila (110.000) chiese distribuite in Italia e che costituiscono il più grande museo al mondo . )


ANDREA MANTEGNA


Editoriale del Corriere d/S/Veneto del 1.09.2006



( Anno di nascita del grande artista Veneto : mistero o errore )


ETICA, MORALE E WIKILEAKS


18.12.2010


(E' scoppiato il caso di Wikileaks: un fenomeno, un problema o cosa ?? )



TANTE PICCOLE PATRIE PER UNA SOLA ITALIA


Corriere d./S/Veneto del 12.08.2009


(L'autore coglie l'occasione per sottolineare la ricchezza dei tanti campanili di una Italia unita)


QUALE ITALIANO?
Ma che lingua usano i nostri lettori radio televisivi
(tra le concause alla disaffezione dalle notizie giornalistiche, dalla politica, dalla storia ecc.)
il 12 .04.2006





IL PATRIMONIO A RISHIO CHIESA – MUSEO


GARIBALDI (anche) veneto che sognava già l'Europa


(l'autore ci racconta perché Garibaldi è anche veneto e di alcune sue iniziative forse da riscoprire)


Corriere/S/Veneto del 16.12.2007



Parlemo in dialeto, scrivemo in italian


(A proposito di bandiere e cos'altro)


Corriere/S./Veneto il 27.08.09




RISPARMIARE IL TERRITORIO


editoriale del Corriere/S./Veneto del 17.06.2003


(Come fu gestito il territorio e come nacquero certe infrastrutture )



UN SOGNO PER MARGHERA


Editoriale del Corriere d./S./Veneto 30.07.03


(quale futuro per Marghera che con Mestre affianca la Venezia storica )



LE BASILICHE DEL COMMERCIO


Editoriale del Corriere d./S/Veneto del 18.08.04


(quale il ruolo storico delle ‘Gallerie' di città e quale quello degli attualiCentricommerciali )



È tempo di vino
VINO E CULTURA


14.07.2010


(La cultura del vino ha origini antiche, ma non si è forse mai vista tanta ambizione legata alla sua produzione come ora.)



Peggy Guggenheim: Sono stato a letto con Peggy


Rubrica di ‘Mondo Arte' di maggio/agosto 2007




VEDOVA ‘una memoria'


Editoriale di ‘Cortina Magazine' di Estate 2009


(Una cara memoria legata all'artista che ci ha appena lasciati )



SEGUONO




NAPOLEONE


IL VALORE DEI LUOGHI


QUALE ITALIA UNITA


UNITA' D' ITALIA IN BREVE










L’Italia è riconosciuto essere il paese custode del più grande patrimonio artistico del mondo; così è stato detto e ripetuto, ne siamo convinti e non mancano le occasioni per esserne fieri. In realtà quantificare simili dati è cosa difficile specie in relazione alla difficoltà stessa di definizione di ‘opera d’arte’, concetto che si sta allargando ad ambiti sempre più vasti e forse anche per la difficoltà stessa del produrre, oggi, opere tali da potersi definire subito ‘opera d’arte’.
Un paese dunque che è in ogni caso un vero e proprio scrigno di capolavori disseminati in musei, palazzi, case, piazze, strade, ma soprattutto chiese. Le nostre chiese, monasteri e chiostri costituiscono senza dubbio il più grande, vasto, ricco museo italiano, tra l’altro dalle porte sempre aperte, quindi del mondo per il principio della reversibilità.
Significa che la chiesa cattolica, con la sua struttura secolare di sacerdoti, uomini e mezzi è custode di questo enorme patrimonio fatto di quadri, affreschi, sculture a tutto tondo, a bassorilievo, decorazioni le più varie e delle stesse architetture che ospitano le prime. .
Oggi quel patrimonio raccolto nei secoli in chiese e monasteri, letto come lo si voglia è divenuto l’orgoglio e la ricchezza del nostro paese.
Tutte opere che, oltre mostrare se stesse, raccontano la storia loro e soprattutto la storia del nostro mondo. Queste, pensate e realizzate per lo più lì dove furono collocate, non possono essere per esempio rimosse o lette se non nel loro ambito.
Orbene, solamente pochi decenni fa erano 600.000 i preti che oltre a curare religiosamente i fedeli, prestavano le loro attenzioni ed erano custodi di tanto patrimonio. Oggi per vari motivi, che sono oggetto di dibattito nell’ambito della stessa chiesa, quei preti-custodi sono ridotti a meno di duecentomila e molti di questi di età avanzata . Crisi di vocazione, forse crisi di una società che cambia, crisi di fede sono domande alle quali ho difficoltà a dare una risposta che non mi spetta, ma che mi preoccupa perché di molte chiese vedo ormai chiusi i battenti, rese inaccessibili. Su molte soglie si vedono i segni dell’abbandono, le campane non suonano più e in tale stato non attirano più nemmeno la curiosità dei passanti, che per le condizioni di degrado allontanano lo sguardo- come troppo spesso si fa con gli emarginati-. Il passante non coglie la bellezza del modiglione, dell’opera raccolta nella nicchia, mentre all’interno qualche capolavoro rimane dimenticato, rinchiuso nel totale silenzio. Alcune opere hanno già preso altre vie, magari per merito di qualche ladruncolo – per dirla con benevolenza -.
La Chiesa proprio in questi giorni, dicevamo, manifesta la propria sofferenza per questo stato di cose, specie dal punto di vista liturgico religioso e mi chiedo se agli altri motivi, senz’altro più profondi, non abbia magari influito anche una certa rinuncia alla sacralità del rito o meglio all’uso, mi si conceda il termine, teatrale dello stesso spazio liturgico, rinunciando in parte proprio a quel ruolo che l’arte aveva nel coinvolgere l’umano sentimento e utilizzata per tanti secoli come mezzo di comunicazione.
Quanto ha influenzato la ‘volgarizzazione del rito, con canti pseudo popolari e l’impoverimento di tutto l’apparato, abbassando senz’altro la quota di fascino e pathos, di quell’aura che accompagnava nel rito le precedenti generazioni? Chiaramente si tratta della parte superficiale del problema, quello legato all’afflato di riti e simboli e non è il problema.
La voglia di esprimere emozioni ed atmosfere mi porta lontano e in terreno pericoloso, ma per tornare all’arte, vedo che in pericolo si verrà a trovare anche quel patrimonio artistico culturale che appunto è racchiuso nelle nostre chiese e che prima era custodito dai nostri preti.
Opere che mai potranno essere trasportate in musei, nemmeno costruendone di nuovi, e nemmeno potranno essere bene custodite da bravi boy scout o volontari o da nuovi dipendenti di un futuro ministero ai beni culturali di una Italia che vedrebbe decuplicare e più il suo patrimonio da gestire, da difendere, da spolverare e lucidare, da conservare alla giusta temperatura con buona ventilazione, da coccolare con affetto, anzi con religioso amore.
Vedo un patrimonio che andrà incontro ai pericoli di una più grave Pompei, distrutta per un verso ma conservata per secoli sotto la cenere per il nostro arricchimento, se non dovesse succedere qualcosa di nuovo, di eccezionale nella chiesa stessa. Forse una nuova chiesa aperta ad una gestione più ‘allargata’ potrebbe garantire tanto ‘ben d’iddio’?.

GARIBALDI

Garibaldi cittadino europeo (e anche un po' veneto)

Giuseppe Garibaldi (anche) veneto; veneto per la cittadinanza conferitagli dal Comune di Lendinara (Rovigo) nel 1867, per le tante visite nel Veneto e per la forte amicizia che lo legava ad Alberto Mario, giornalista e patriota, e alla sua moglie Jessie White, prima e grande biografa dell'eroe-mito. Unico al mondo, il mito di Garibaldi è creato dalla gente, che in lui ha visto l'eroe senz'altri interessi tranne quello degli altri: lottò per la libertà di espressione, religiosa, commerciale, politica,culturale; lui, repubblicano, che diceva: "se agli Inglesi va bene la Regina Vittoria, regina sia".
Quanti i miti imposti, come sempre, nell'interesse del vincitore o di chi vorrebbe essere il vincitore. Miti costruiti con i media, con l'immagine, con i monumenti o con la bugia. Garibaldi invece fu mito da vivo e da morto, sempre acclamato dal basso, dalla gente: e così la qualità delle memorie (quadri, busti e tanto altro) spesso ci appare popolare, anche di bassa qualità: ma ci sono tracce di lui diffuse nelle case, custodite come reliquie, solo raramente monumentali. Cento i monumenti per le cento città d'Italia; migliaia le targhe che ricordano semplici passaggi, soggiorni, pronunciamenti dell'eroe, non solo in Italia o in America, dove combatté, ma anche in Francia e in Algeria. Ma fu in Inghilterra dove raccolse forse il maggior consenso; lì anche l'establishment gli rese omaggio con
incredibile entusiasmo; tante le ladies che lo abbracciarono e lo inseguirono per dichiarargli vero amore. Gli eventi aperti con la mostra di Brescia mostrano molto, e molto altro potremo vedere in questo anno 'garibaldino', per ritrovare le tracce dell'eroe e riscoprire la sua modernità. E' a questo proposito che forse si può suggerire un contributo su un aspetto sinora non emerso (o non emerso fin da subito): il suo europeismo. Perché di europeismo parlò e scrisse: basti il suo memorandum, inviato alle potenze d'Europa il 15 ottobre 1860, per la pace tra i popoli: ".auspicando e ponendo l'ipotesi di un solo grande stato europeo ... , dove chi mai penserebbe a disturbarlo in casa sua" e "dove le spese militari potrebbero essere dirottate verso i bisogni dei paesi, per uno sviluppo colossale dell'industria, delle strade, dei ponti, dei canali, delle scuole e di tutte le iniziative pubbliche per l'arricchimento dei popoli contro l'egoismo e la cattiva amministrazione ...". Antimilitarista, altro che guerrigliero: "è tempo che le nazioni si intendano senza bisogno di
sterminarsi". E a Ginevra dove l'8 settembre del 1867 presenta il suo decalogo, per quel che avrebbe voluto che fossero (e oggi sono) le Nazioni Unite, ribadendo che ".. la sola guerra permessa è quella contro il tiranno". Ancora anticipatore quando, nel 1872, invita Bismarck a dar vita a: "un organismo capace di arbitrare sui dissidi mondiali": ben prima dell'ONU (ora attiva, ma quanto efficace?); e poi sostiene, nel 1873, l'Inghilterra per l'istituzione di un'Alta Corte
Internazionale di Giustizia. Oppure, a Parigi, rifiuta l'invito a guidare, nel 1871, la lotta della Comune repubblicana, dichiarandosi pronto per una guerra d'indipendenza, ma mai per una guerra civile. Come non ricordare, ancora, la sua lotta per il suffragio universale: lotta sostenuta sempre e più che mai negli ultimi anni di vita (1879-1880): si veda la sua lettera del 6 febbraio 1880 (poi ribadita a Genova l'8 ottobre 1880), con la quale invita il popolo a conquistare quel "suffragio universale che deve essere un diritto costitutivo della vita italiana". In Italia il suffragio un
iversale maschile arriverà nel 1916, e solo nel 1946 quello anche femminile. Giuseppe Garibaldi, che si autodefiniva "un composto di bene e di male", personificò le aspirazioni delle nuove generazioni di ieri: e potrebbe farlo anche per quelle di oggi. Morì il 2 giugno 1882, era nato il 4
luglio 1807. Alla sua morte, Victor Hugo disse: "Non è in lutto l'Italia, non è in lutto la Francia, ma l'umanità". Il Times scrisse: "fate scrivere la biografia di Garibaldi al suo peggior nemico, e vi apparirà pur sempre come il più sincero, il più disinteressato e il meno ambizioso degli uomini"; e ancora: "è come una realtà di leggenda"; oppure, Giovanni Bovio: "non si può dividerlo dal mito". La Deutsche Zeitung scrisse : "un nuovo Omero dovrebbe sorgere per cantare degnamente l'Odissea di questa vita, e la nuova Odissea non suonerebbe meno meravigliosa e favolosa della prima".Parafrasando i filosofi, si potrebbe dire di lui che non sapeva quel che era impossibile e per questo lo fece.


Giuseppe dalla Massara (così scrivo il mio nome , grazie )